#appuntiperilSUD: 5 temi per il Master Plan del SUD Italia
Caro
direttore
il suo articolo pubblicato su CheFuturo, poche ore
dopo la diffusione del rapporto Svimez 2015 sul Mezzogiorno, è suonato come una carica per le
tante storie e testimonianze che sono seguite con l’hashtag #ilsudsiamonoi.
E’ stata la
conferma che una rivista aperta all’ascolto, come CheFuturo, può farti sentire
meno solo, anche se vivi nel cuore della Terra
dei Fuochi dove, accanto ai problemi atavici del Mezzogiorno, si aggiungono
tante altre difficoltà – come i roghi di spazzatura che si susseguono quotidianamente
da oltre un decennio o come gli oltre sei milioni di rifiuti confezionati in balle
distribuiti su circa 1,5 chilometri quadrati di territorio fertile. Perché il
Sud è purtroppo anche questo e vorremmo non parlarne più.
Le
testimonianze che leggiamo su CheFuturo sono spesso storie di singoli successi, di semine coraggiose, di una forza di volontà che non si arrende. Di
tanti che non hanno ceduto il passo al disfattismo che attanaglia larga parte
del Mezzogiorno. Eppure questa energia positiva non riesce a far breccia, contagia ma non fa sistema, nel senso
di azioni coordinate per lo sviluppo tecnologico, il miglioramento della
burocrazia, l’innovazione nella formazione e nella ricerca, la crescita
salariale, la diminuzione significativa della disoccupazione, la riduzione del
disagio sociale, insomma, di azioni che portino ad un reale miglioramento della qualità di vita del Sud del Paese.
Gli
interventi con l’hashtag #ilsudsiamonoi,
sintetici ma efficaci, asciutti quanto
diretti, pubblicati su CheFuturo durante lo scorso mese di agosto, sono
apparsi come tante particelle d’acqua che, percepita la forza del vento sulla
superficie, si sono messe in moto come un’onda
ordinata di energia che si propaga verso una direzione condivisa. Quell’onda
è ancora in moto, e mi piacerebbe che diventasse uno strumento di azione oltre
che di opinione, di impatto anziché di
testimonianza, efficace metafora
usata lo scorso anno da Francesco Luccisano nel suo discorso inaugurale del
Festival delle Comunità del Cambiamento
di RENA.
La prima
semplice idea che mi è venuta in mente, per conservare il moto dell’onda di #ilsudsiamonoi e materializzare questa
energia, è una conferenza semestrale nei
capoluoghi del Sud Italia, nella quale invitare il governo nazionale, i
rappresentanti locali, le confederazioni aziendali e sindacali, i digital
champions, gli investitori, con un obiettivo preciso: definire insieme le priorità di intervento, scegliere le metriche per
misurare il cambiamento e rivedersi, dopo sei mesi, per confrontarsi sulle
azioni messe in campo e i risultati ottenuti. Uno sforzo comune,
concentrato su come far convergere le
esperienze di successo dei singoli in esperienze collettive di innovazione.
Il Presidente
del Consiglio, all’inizio di Agosto a Roma, ha lanciato l’idea di tracciare un Master Plan per il SUD nel Partito Democratico. Noi vogliamo partecipare per dare
il nostro contributo. Noi che insieme a tante altre persone ed organizzazioni
stiamo sperimentando modelli, prassi, iniziative di innovazione sociale,
politica, culturale, economica, vorremmo costruirlo
insieme il Master Plan del SUD per
il bene dell’intero Paese.
Uno sforzo
collettivo di sintesi, di coesione, ritrovando un po’ di quella spinta propulsiva che ha accelerato la
nostra storia recente dopo anni certamente più bui di quelli che stiamo
attraversando.
Potremmo
provare ad arrivare alla conferenza semestrale utilizzando CheFuturo (il nome è
già molto efficace) come strumento di condivisione di idee, best practice,
politiche pubbliche, come rete e officina permanente.
Provo a
cominciare, con uno sforzo di enorme sintesi e semplificazione che forse non mi
perdonerete (cercando di aiutarmi con qualche citazione e riferimento bibliografico
di recenti letture estive), proponendo cinque #appuntiperilSUD, cinque
temi di riflessione che porterei come contributo alla conferenza.
Alcuni temi, evidentemente, riguardano l’intero Paese, ma il SUD
potrebbe rappresentare un case study d’eccezione dove misurare l’efficacia degli investimenti e delle
politiche pubbliche. Si, ho scritto proprio investimenti, perché certamente
abbiamo bisogno di risorse pubbliche (e di risorse private) per alcune riforme
e azioni essenziali senza le quali il volano
non si mette a girare.
I cinque #appuntiperilSUD potrebbero diventare sette
oppure dieci, ma credo che lo sforzo deve essere quello di individuare poche priorità e concentrare le risorse rischiando, come in tutti gli investimenti,
ma cercando di coinvolgere i cittadini, le istituzioni, le parti sociali e le
imprese a collaborare ed aver fiducia. Per fare ciò occorrerà forse cercare di
identificare nuovi modelli di partecipazione, di confronto ma, soprattutto, di
azione sinergica. Sono certo che possiamo riuscirci confrontandoci
opportunamente.
Provo quindi a
descrivere i cinque #appuntiperilSUD
che ritengo prioritari per il rilancio del Mezzogiorno:
#1 Università e Ricerca
Comincio dal
primo tema, più vicino alla realtà lavorativa che conosco meglio, che è quello
di una profonda riforma e riorganizzazione dell’Università e della ricerca. La “formula magica” dell’innovazione,
quella vera e duratura, quella che rende un Paese più competitivo per decenni,
può solo passare per Università e ricerca.
Il modello
che ha forse funzionato meglio all’inizio del secolo, e che ha dato agli Stati
Uniti d’America un passo in più rispetto a tutti gli altri, è stato
sperimentato con successo nei Laboratori
della Bells a Manhattan (come magnificamente descritto nel libro The Idea Factory. Bell Labs and the Great
Age of American Innovation di Jon Gertner) che hanno rappresentato un vero
laboratorio di contaminazione dei saperi e delle tecniche. La lezione principale
dei Bells Labs, come riassume Isaacson, è la seguente: “Per sfornare innovazioni a getto continuo, non basta il classico
garage o l’atelier dell’inventore geniale. Queste innovazioni avvengono quando
persone con diversi talenti, diverse conoscenze, diverse mentalità, vengono
riunite insieme possibilmente in una vicinanza fisica, in modo da potersi
incontrare spesso” (da “Rete Padrona” di F. Rampini). Questa la formula
magica, che poi sarà una delle caratteristiche principali dei campus
universitari americani, dove talenti e conoscenze diverse lavorano in
contiguità ed armonia.
Dunque il
primo tema è quello di una riforma universitaria profonda nella direzione dei Contamination Labs che era stata
proposta, in via sperimentale con un bando PON, nello scorso governo da Alessandro Fusacchia che affermava: “avere dei posti, aperti 24 ore su 24, dove si possano incontrare gli
studenti di ingegneria con quelli di lettere, con gli economisti, gli
archeologi e si possano confrontare su questioni alla frontiera tra diverse
discipline, di avanguardia, per provare insieme a risolvere i problemi del
nostro futuro”.
I
Contamination Labs, insieme ad un comparto ricerca competitivo a livello
internazionale, con una “formazione
dell’innovatore che deve iniziare già a sei anni, con scuole, educazione e
divulgazione scientifica adeguate a stimolare la curiosità, con programmi al
passo con i tempi e con una cultura di base più quantitativa di quella
attuale.”, con un “percorso che deve
poi continuare con l’offerta di regole di selezione e reclutamento
internazionali dei ricercatori e con valutazioni che seguono gli standard
internazionali” (come sostiene Roberto Cingolani, Direttore dell’Istituto di
Tecnologia) devono rappresentare una scelta decisa di investimento per lo sviluppo.
Qualcuno
obietterà: non ci sono le risorse per trasformare tutti gli Atenei… Allora cominciamo
con alcuni esperimenti-pilota proprio nel Sud Italia.
#2 Coesione Sociale
La crescita
del SUD non è solo una questione di investimenti, di risorse economiche oppure
di sperperi. Come lucidamente riassunto da Carlo Borgomeo nel suo “L’equivoco
del SUD”, “[…] Al di là degli interventi
sbagliati, sprechi, incapacità, c’è stato un errore di fondo: condannare il Sud
a inseguire il livello di reddito del Nord, a importare modelli estranei alla
cultura e alle tradizioni e a sviluppare, di fatto, una dimensione politica di
dipendenza”. Ci sono tanti altri problemi al di là della necessità delle risorse,
come scrive su CheFuturo Giovanni De Caro: “se
avessero aggiunto l’istruzione, il controllo del territorio e l’efficienza
della macchina amministrativa, cioè quelle cose che non si possono comprare ma
si devono fare”, oggi il Mezzogiorno sarebbe diverso. E’ un po’ anche la
tesi di Borgomeo, che aggiunge: “[…] Per
spezzare questa logica bisogna introdurre una profonda discontinuità, a partire
dalla consapevolezza della natura del divario. Il Sud è meno ricco del Nord, ma
la distanza più grave è nei diritti di cittadinanza, nella scuola, nei servizi
sociali, nella cultura della legalità. E’ da qui che bisogna ripartire
convincendosi che la coesione sociale è una premessa, non un effetto dello
sviluppo”.
Ma da dove
cominciare in una fase di congiuntura economica negativa? Proviamo anche per
questo tema a scegliere dei casi studio: per esempio alcuni quartieri difficili
delle grandi periferie metropolitane del SUD; ma diamoci delle metriche:
partiamo da un punto zero e misuriamo, qualche anno dopo, la coesione sociale e
lo sviluppo in quei territori. Occorre lungimiranza politica nelle
sperimentazioni è finito il tempo della politica di respiro corto.
#3 Piano straordinario per il Turismo
I dati sulle potenzialità inespresse del
Turismo italiano (OCSE
2011) sono noti a tutti i principali analisti del settore ma anche ai tanti
cittadini che, da tempo, chiedono un intervento della politica per rilanciare
il turismo, considerandolo uno degli asset strategici del nostro Paese. Ciononostante
siamo fermi su questo tema da troppo tempo segnando un fallimento evidente delle politiche di promozione turistica negli
ultimi 40 anni.
Oltre alle potenzialità
in termini economici, potremmo contare anche sul potere formativo per i più
giovani dei siti di Pompei, Ercolano, Agrigento, Siracusa, Castel del Monte,
Matera, Nora, Sibari (solo per citare qualche esempio del SUD). Poi ci sono
spiagge, città storiche, laghi, colline e montagne miti, così uniche da ospitare
permanentemente guru e big del panorama artistico e culturale
internazionale che scelgono l’Italia per vivere.
Credo sia
necessario cominciare ad investire in maniera più sistematica sulla loro
unicità, favorendo una formazione scolastica più aperta alla contaminazione con
l’arte, la cultura e la bellezza del nostro Paese, mediante visite guidate e
programmi scolastici dedicati, facilitando anche il problema della
raggiungibilità di alcuni splendidi siti che ospitano opere straordinarie, come
l’esempio dei Bronzi di Riace raccontato da Aldo Pecora in maniera efficace su CheFuturo.
Sarebbe la
solita lamentela se riportassi il confronto con i dati migliori – in termini di
investimenti, di ritorni economici, di tempo di fruizione, di qualità delle
esperienze, etc. – dei musei o siti archeologici di altre nazioni. Tuttavia, da
cittadino della Campania, un dato mi lascia esterrefatto, sebbene da un’analisi
superficiale sembrerebbe ovvio. La Reggia di Caserta conta meno di 800.000 visitatori/anno
(in forte calo rispetto agli anni precedenti), mentre il centro commerciale outlet
“La Reggia” (sito a circa 2 km di
distanza) conta oltre 3,5 milioni di visitatori/anno (in crescita vertiginosa).
Certo, i numeri vanno letti e comparati in modo differente, ma è un dato che
dovremmo rivoltare, fosse solo per una questione di orgoglio per uno dei siti
museali più importanti del mondo e perché sarebbe il segnale di un rilancio,
non solo turistico, ma anche culturale, con i giovani a fruire dei giardini di
Vanvitelli piuttosto che degli spazi artefatti dell’Outlet!
Da anni
ripetiamo la solita analisi sulle potenzialità e la crisi del turismo italiano,
ma poi poche sono le azioni e gli investimenti. Anche questo tema avrebbe
bisogno di una posizione prioritaria nel
Master Plan per il SUD.
Scegliamo tre-quattro azioni per rilanciare un sito archeologico, un museo, una
villa storica, una spiaggia, aiutiamo il contesto con finanziamenti mirati per
Comuni, Associazioni, Imprese, Cooperative che
possano proporre azioni di rilancio turistico misurabili e poi, se
funzionano, negli anni successivi investiamo
una cifra significativa del PIL per un piano straordinario per il turismo al SUD.
#4 Sostegno all’Innovazione Sociale
Negli ultimi tre-quattro
anni, anche il nostro Paese e il Mezzogiorno hanno visto moltiplicarsi gli
esperimenti di innovazione sociale. Un’energia che si è liberata dal basso,
nella quasi totalità dei casi nata spontaneamente e senza risorse pubbliche. A
volte basandosi solo sulla risorsa tempo
dei singoli o di piccoli gruppi. In altri casi, come HUB
spa, la prima
società per azioni per l’innovazione sociale – che ho contribuito a far nascere
nel cuore della Terra dei Fuochi, insieme ad altri 70 soci, che stanno provando
a contaminare il territorio con il coworking, le stampanti 3D, la realtà aumentata,
il sostegno alle startup – con risorse
private messe insieme con il crowdfunding (oltre 200.000 euro).
In Italia, le
esperienze di innovazione sociale e volontaristica si moltiplicano. Le energie
anche al Sud sono preziosissime in ambito culturale, sociale, artistico,
museale, etc. ma, come si chiede Barbara Imbergamo su CheFare “L’importante sembra essere scatenare energie, speranze e idee che poi
non si capisce chi e come raccoglierà e in quale cornice”.
Dove sono le
politiche pubbliche a loro sostegno? Come fare sistema, costruire best practice
condivise e rendere permanenti le esperienze positive? Barbara Imbergamo si
domanda: “Ma siamo sicuri che sia davvero
produttivo far sbizzarrire cervelli su processi e prodotti socialmente
innovativi, lasciarli soli senza sostegni e vedere che succede? […] È corretto
che singole persone investano con i soli propri mezzi accettando tutto il
rischio per innovare settori che – diciamocelo senza peli sulla lingua – per
tenersi in piedi hanno assoluta necessità di finanziamenti pubblici come il
sociale e la cultura? Dando per scontato che il vecchio modello coi
finanziamenti “a fondo perduto” non sia più praticabile e nemmeno auspicabile?
[…] E che tanto se [gli innovatori sociali] non ci riescono ci va bene lo
stesso perché il rischio è stato tutto loro e nel frattempo si è costruita una potente retorica che
autorizza a tagliare [le risorse pubbliche].”
Il tema di
una strategia per convogliare tutta questa mobilitazione è fondamentale;
trovare la cornice, o il “pezzo
mancante” dell’innovazione sociale, come si chiede Francesco Russo, Presidente di RENA, nel suo discorso di apertura a Bologna,
è uno sforzo che dobbiamo fare tutti insieme pensando a nuovi modelli di
investimento, a quali metriche per riconoscerla e misurarla, a quali strumenti
e politiche pubbliche occorrano per non disperdere tutto quanto avviato in
questi anni.
#5 Startup non solo digitali
L’esperienza
di HUB spa degli ultimi tre anni con le startup, ci ha insegnato che, accanto
alle idee di imprese digitali, con forte contenuto innovativo, grande
scalabilità del progetto, e un ROI (Return Of Investment) da far gola agli
investitori, ci sono tantissime (nel caso di HUB spa sono arrivate ad oltre
l’80% delle proposte progettuali) idee di imprese più tradizionali, con meno
valore innovativo ma con idee originali
per migliorare la qualità della vita nel SUD Italia. Idee nei settori del
food, del turismo, del design di prodotto o di processo, del packaging, della
moda, dell’artigianato etc. In molti casi, i progetti prevedevano l’impiego di
tecnologie digitali per trasformare l’utilizzo o la produzione di prodotti e/o
servizi più tradizionali. Il fil rouge delle proposte è stato soprattutto
l’originalità di adattare modelli di altri contesti ai territori del SUD Italia.
Cosa diciamo
a tutti questi giovani? Quali strumenti abbiamo messo in campo? Non sono
progetti da venture capital, e neppure da business angel tradizionali. Forse
occorrono dispositivi e politiche economiche diversi. Per esempio, rivedere il
prestito d’onore – o altre misure di avviamento d’impresa – nell’epoca dell’innovazione
sociale e delle startup; oppure offrire agli imprenditori nuovi elementi di sfida
per investire su prodotti e best practice il cui SROI (Social Return of Investment) per il SUD sia altrettanto
importante del più famoso ROI.
Poi c’è tutto
il discorso, che si collega al tema #1, delle startup non solo digitali che
possono nascere dalle università e dai centri di ricerca partendo da idee imprenditoriali
su prodotti, tecnologie, materiali, dispositivi, metodologie innovative, che
possono interessare settori più tradizionali dell’industria, del bio-medicale,
dell’ambiente, dei servizi, etc. E’ vero, ci sono gli spinoff universitari, ma
mancano gli incubatori (o gli acceleratori) ai quali i ricercatori possono
rivolgersi per facilitare e sostenere la trasformazione dal prototipo al
mercato. Anche su questo punto, potremmo avviare case study in un paio di
atenei del SUD e sperimentare modelli di acceleratori/incubatori o startup lab efficaci
da diffondere poi in altre realtà.
Come scrive Antonio Perdichizzi su CheFuturo, “c’è soprattutto bisogno di trovare nuovi alleati, di tenere
costantemente vivo il dibattito, di far scendere in campo sempre più persone e
coinvolgere sempre di più le classi dirigenti, diventandone attivamente parte,
se e quando serve.”. Una conferenza (se preferite un summit) semestrale può
servire a “scendere in campo”, a costruire un “progetto politico e culturale” sull’innovazione,
come auspica Nicola Pirina, a proporre soluzioni, a fare rete
al SUD, come scrive anche Antonio Prigiobbo nel dibattito su #ilsudsiamonoi.
Sarà
difficile costruire un evento di sintesi, tenere insieme la rete, scrivere insieme il Master Plan, ma se
il Presidente del Consiglio, e altre persone di buona volontà, ci daranno una
mano, noi siamo qui pronti a collaborare. Tutti
insieme per il bene comune del Paese.
Sono convinto
anche io, come Alex Giordano, che noi non potremo “godere
dell’ombra delle querce”; ma sono altrettanto sicuro
che i risultati del Master Plan, tra qualche decennio, dopo aver seminato
numerose ghiande, potranno far nascere alberi e offrire riparo per i nostri
figli del SUD, per i nostri figli del NORD e per i tanti nostri figli che
stanno attraversando il mare.
Giugliano in Campania, agosto 2015
(da "CheFuturo", Il Lunario dell'Innovazione)
Armando Di Nardo
Assistant professor in
Hydroinformatics
co-founder HUB spa
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