#10 Cose da fare prima di allentare il Lockdown per il COVID-19


#10 Cose da fare prima di allentare il Lockdown per il COVID-19
# Bozza piano B
# La montagna più alta

Nelle ultime ore, e dopo quasi tre settimane dal lockdown, la resistenza individuale e collettiva comincia a vacillare e leggiamo, da più parti, richieste di riapertura urgente del Paese e della ripresa di attività economiche, sociali e delle libertà personali. Eppure, coloro che propongono la sospensione del lockdown e una serie di legittime misure economiche per far fronte ai danni generati dalla sospensione delle attività, a parte rare e disordinate eccezioni, non delineano un vero “piano B” che consenta di uscire dall’emergenza garantendo:
a) che non si manifesti presto una nuova impennata dell’epidemia,
b) una riduzione significativa del rischio individuale e la protezione delle categorie più esposte;
c) le possibilità di ricovero ospedaliero per COVID-19 a tutti i cittadini.
Chiedere la riapertura è più che legittimo e, consentitemi, anche ovvio argomentarlo. Senza dubbio più difficile, soprattutto senza casi precedenti a cui fare riferimento a parte Wuhan e la Corea del Sud, con le relative eccezioni, è invece delineare il Piano B. Ma questa, non credo che si possano avere dubbi a riguardo, è la vera questione da sciogliere senza dover immagine di vivere i prossimi mesi – anche quando, speriamo presto, il cosiddetto picco epidemiologico sarà passato – nell’incubo di essere contagiati o di contagiare. Di andare (o non andare) con timore a cinema, a teatro, in spiaggia o al supermercato con l’incubo di diventare bombe biologiche per i nostri cari.
I risultati di contenimento che sperabilmente otterremo nelle prossime due settimane saranno ottenuti principalmente grazie al distanziamento sociale e al lockdown.
Ma dopo cosa faremo per evitare che l’aumento considerevole del rischio potrà ripetersi allo stesso modo, minacciando nuovamente anche la capacità del Sistema Sanitario Nazionale e la possibilità di cura per tutti? 
Il principio di precauzione
Allora da dove possiamo partire senza riferimenti scientifici certi? Senza una vera e propria teoria?
Sicuramente i modelli matematici epidemiologici sono un punto di partenza, abbiamo già condiviso alcune riflessioni nei post precedenti, ne condivido uno nuovo che suggerisce (nella figura che riporto e nel link indicato in basso) cosa fare per allentare il lockdown e tenere l’epidemia “sotto controllo” con R0<1.
Tuttavia, una serie di cose ragionevoli, nel rispetto del principio di precauzione che tante volte abbiamo invocato per altri rischi ambientali e sociali, e di strategie (anch’esse ragionevoli) adottate con evidente successo in Cina e in Corea del Sud, non possono che essere messe in campo prima di pensare a qualsiasi forma di riapertura o allentamento del lockdown. Azioni che, quando la scienza ne comprende l’efficacia ma non riesce a capirne e misurarne o controllarne rigorosamente gli effetti seppur positivi, chiama “best practice”.
Se i modelli epidemiologici di previsione sono corretti, fino al vaccino non potremo considerarci al sicuro, non potremo essere certi che i giorni che stiamo vivendo non si ripeteranno. Allora, nei lunghi mesi che ci distanziano dalla fine dell'emergenza COVID-19, possiamo mettere in campo tantissime azioni per ridurre il rischio di ciascuno di noi e delle persone più fragili e far ripartire il Paese.
Ho provato a riassumerle in 10 azioni, mi perdonerete per l’estrema sintesi adottata e per averne sicuramente dimenticata qualcuna che si va aggiungendo giorno dopo giorno:
#1 Assicurare DPI per personale medico, sanitario, forze dell’ordine, pubblici ufficiali
Dobbiamo conoscere tempi certi per garantire che personale medico, sanitario, forze dell’ordine, pubblici ufficiali e tutte le altre categorie più a rischio siano dotati di Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) che li proteggano e ci proteggano dal possibile contagio. Ma anche questa prima azione, pur ampiamente condivisa, non è, in questo momento e per le prossime settimane, garantita. Occorrono milioni di DPI al giorno che non abbiamo ancora. 
#2 Dotare di mascherine e disinfettanti tutti i cittadini
Ci hanno detto in queste settimane che le mascherine dovevano indossarle solo i sintomatici o gli asintomatici che pensavano di poter essere stati contagiati perché a contatto con persone positive al COVID-19. Suggerimento ragionevole senza mascherine per tutti, senza mascherine per il personale sanitario e le categorie più a rischio e in una situazione di lockdown generale.
Suggerimento non più ragionevole quando allenteremo il lockdown; infatti questa è la precauzione, non certamente di “regime”, più evidente adottata in Cina e Corea e in molte altri paesi orientali.
Ma quando saranno disponibili per tutti? Il Commissario all’Emergenza Arcuri dice che saremo in grado di produrre e acquistare circa 100 milioni di mascherine al mese. Forse andranno bene per il personale di cui al punto #1, ma certamente non potranno soddisfare 60 milioni di italiani potenzialmente a rischio. Per non parlare dei disinfettanti completamente spariti dai supermercati.
#3 Fornire attrezzature per le terapie intensive e farmaci dopo lo sforzo enorme fatto dalle Regioni
Garantire che ogni Regione, rispetto agli sforzi fatti per aumentare i posti letto per ricoveri, terapie sub-intensive e terapie intensive, sia dotata di tutte le attrezzature necessarie (caschi, respiratori, etc.) e i farmaci per combattere il COVID-19.
Le notizie che provengono da più parti, soprattutto dalle regioni del Sud del Paese, appaiono non confortanti a tale proposito. 
#4 Installare termoscanner e DPI nelle fabbriche, nelle principali stazioni e agli aeroporti
Installare tutti i dispositivi che ci consentano di monitorare e limitare l’estensione dell’epidemia e la nascita di nuovi focolai.
Sicuramente, come hanno fatto altri paesi prima di noi, è essenziale dotarsi di termoscanner e DPI nelle fabbriche, nelle principali stazioni e negli aeroporti.
Siamo sicuri che lo stiamo già facendo? E quando occorrerà per coprire tutto il Paese? 
#5 Predisporre una legge temporanea per consentire il tracciamento, a fini sanitari, dei pazienti contagiati
Urge predisporre una legge che consenta il tracciamento, mediante software e tecnologie wearable – ad esclusive finalità sanitarie (ovvero i dati dovranno poter essere letti solo da personale sanitario) e per un periodo definito –, degli spostamenti di pazienti positivi al fine di mettere in sicurezza, con isolamento preventivo, tutte le persone con cui sono stati potenzialmente a contatto i contagiati e che ne garantisca la quarantena assoluta.
Ho letto da più parti che esistono APP che consentono di fare tale tracciamento senza la compromissione totale della privacy, nel senso che i dati restano tutti nello smartphone e possono essere letti solo dal personale sanitario in caso di accertato contagio dell’utente.
Molti parlano di modello Corea del Sud; se vogliamo applicarlo, se crediamo che possa essere una best practice utile, dobbiamo immediatamente cominciare a predisporre una nuova legge. 
#6 Sviluppare la piattaforma informatica che gestisca la tecnologia di cui al punto precedente
Occorre evidentemente sviluppare e testare e formare, in tempi rapidissimi, la piattaforma e il personale sanitario per tale finalità. Non si hanno notizie a tale proposito.
#7 Tenere chiusi gli HUB di diffusione dell’epidemia
È evidente che il tracciamento ha un senso se le persone con cui si è stati potenzialmente a contatto sono in numero ridotto, non è attuabile quando i contatti possono essere centinaia o migliaia o quando non vi è la possibilità di ricostruire la catena di contagi perché gli utenti sono impossibilitati ad usare tecnologie di tracciamento (i bambini, ad esempio). Pertanto, è evidente che attività che si svolgono in scuole, università, tribunali, arene, centri commerciali, etc. – che, in termini epidemiologici, potremmo definire HUB di diffusione dell’epidemia – dovrebbero restare chiusi quanto più a lungo possibile.
Su questo punto, lasciatemelo dire, converge la maggior parte degli studi modellistici.
#8 Promulgare regolamenti per assicurare il distanziamento sociale di sicurezza
Promulgare una serie di regolamenti che obblighino tutte le attività che riapriranno a garantire la distanza di almeno un metro tra i clienti e tra i clienti e gli esercenti. Intendo che è necessario definire delle regole precise da rispettare, che comprendano anche la modifica degli spazi attuali di accesso agli esercizi pubblici e commerciali.
Al momento non ho letto nulla in proposito.
#9 Definire una campagna ampia di tamponamenti su basi statistiche certe e screening seriologici sulla popolazione
Definire quanto prima un’ampia campagna di tamponamento della popolazione per provare a fare almeno tre cose:
1) prevenire le quarantene e, conseguentemente, contenere la diffusione del contagio;
2) stimare al meglio il possibile numero di asintomatici e capire quanto il virus abbia colpito complessivamente le singole comunità e, poi, l’intera popolazione;
3) anticipare la diagnosi dei contagiati per dare loro l’intero spettro delle possibilità di cura.
Su questo punto, rispetto al totale della popolazione italiana, siamo lontanissimi dagli obiettivi tenendo conto della velocità di propagazione del COVID-19. Occorrerebbe che quanti più laboratori di analisi (anche privati) si mettessero al lavoro e sperimentassimo celermente nuovi sistemi di test di positività al COVID-19 più veloci di quelli attuali.
Ci stanno provando, come leggiamo da diverse fonti, ma non abbiamo indicazioni di tempistiche a riguardo.
Altra questione fondamentale è sviluppare, quanto prima, test sierologici (basati sullo sviluppo di anticorpi al COVID-19) per capire chi ha già avuto la malattia da asintomatico (con i conseguenti ovvi benefici per la ripresa delle attività lavorative dei singoli in maggiore sicurezza).
#10 Organizzare sistemi e una rete di protezione per le fasce più deboli
Se tutte le nove azioni precedenti fossero raggiunte rapidamente e ci consentissero di allentare al più presto il lockdown, resterebbe un rischio molto alto per le categorie di anziani e portatori di co-patologie più o meno gravi (che sono tanti, tenuto conto che si tratta anche di ipertensione, fibrillazione atriale, diabete, ecc.).
Occorre prevedere, in alcuni casi progettare, sistemi individuali di protezione e isolamento. Mi riferisco al rafforzamento fisico, ma anche psicologico, delle misure di quarantena per queste categorie a rischio. Ma anche al rafforzamento della rete di volontariato sociale, dotandola di tutti i DPI, per aiutare queste categorie nei centri per anziani, negli ospedali, nell’isolamento domiciliare. Si perché in Corea e in Cina hanno adottato misure di isolamento sociale in alberghi e strutture appositamente dedicate, non solo confinandoli in case dove la vita è, inevitabilmente, promiscua.
Il modello Israele (la cui curva epidemiologica pure cresce velocemente in queste ore e si potrà valutarne l’efficacia solo tra qualche settimana) di tenere al lavoro uomini e donne fino ai 55 anni è una strategia che prevede una complessità organizzativa enorme in un Paese, come l’Italia, in cui la vita lavorativa, familiare e sociale è fortemente promiscua. Inoltre, dato da non trascurare, Israele è uno dei paesi tecnologicamente e organizzativamente più avanzati al mondo.
Non riesco ad immaginare come si possa attuare un modello simile. Ma anche su questo, per ora, ascoltiamo solo parole, nessun programma reale.
Il Piano B per attenuare il lockdown
Conoscere e garantire le tempistiche di attuazione di queste 10 best practice potrà portarci ad allentare il lockdown e capire quando e come farlo. Il resto sono cose ovvie. Tutti vogliamo uscire e ritornare alla normalità.
Un programma graduale di riapertura, con monitoraggio continuo dei risultati e miglioramento delle azioni, è la soluzione più ragionevole possibile. Riaprire il Paese senza la certezza di essere in grado di attuare preventivamente almeno 8/10 delle azioni suggerite prima, a mio parere, potrebbe essere un disastro vanificando tutto quanto stiamo facendo rispettando i vari DPCM.
Ho provato a raccogliere idee, spunti, riflessioni. Se avete altri suggerimenti proviamo a scriverlo insieme il piano B, aggiungeteli al post, e poi inviamolo ai nostri rappresentati del Governo.
# La montagna più alta. (Considerazioni personali)
Ci sono principi come montagne, e quello di salvare una vita è la montagna più alta. Non ho alcun dubbio su questo. E anche ai miei più cari amici che con onestà intellettuale paventano in questa situazione di crisi altre violazioni di diritti, di libertà, e manifestano timori pure legittimi chiedo di riflette su questo.
Avrei dato, come immagino anche voi, ogni cosa per salvare mio padre dalla malattia; come pure molti di noi hanno lottato per anni, con immenso dolore, per se stessi e per i propri cari provando a strappare anche un solo giorno ancora di luce.
La distanza tra la paura astratta di contagio e la malattia (perchè questa cosa qui, consentitemi di chiamarla meno eufemisticamente malattia e non guerra), tra il rischio personale e quello oggettivo, tra la fragilità e il superomismo, tra il coraggio per se stessi e quello da rivolgere agli altri, è la stessa tra chi è, in questo momento, in un letto di ospedale e chi è a casa a scrivere sul proprio smartphone davanti ad una buona tazza di thè. Solo in questa distanza possiamo provare a misurare la montagna più alta. Credetemi.
Scrivere di percentuali di rischio intrinseco è ragionevole. Ma solo se il rischio è una scelta personale che non diventi inevitabilmente il rischio per un altro. E questo mi sembra abbastanza semplice da condividere. Ma un rischio dello 0,5% o 1% è individualmente altissimo se confrontato con quello di ogni altra patologia o attività umana. E’ facile verificarlo dai dati disponibili in rete. Parliamo di rischi ammissibili quando abbiamo almeno due ordini di grandezza inferiori. Tuttavia non occorre consultare la Rete, basta guardare i TG nazionali per quello che sta straordinariamente accadendo nel Nord del Paese e capire qual'è la differenza tra 0,5% e 0,005%.
L’inevitabile, è vero, non possiamo eluderlo, ma abbiamo il dovere di provare a salvare quante più vite è possibile e mettere in sicurezza tutti. Si, tutti. Anche quelli davanti alla tazza di thè. Perché nessuno è al sicuro. Perché ciascuno può contagiare l’altro. Perché ciascuno può finire in poche ore in rianimazione, senza un sistema di regole rigide e chiare di protezione da rispettare nei prossimi mesi.
Ridurre al massimo il rischio significa, senza troppi giri di parole, rispettare la Costituzione italiana che all’art. 32 prevede la “tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.”
Tutto il resto, quando hai ancora il tempo davanti a te, puoi ritrovarlo, come le libertà che oggi sono precluse, i guadagni fermi, lo studio meno efficace, il movimento certamente ridotto, il divertimento al minimo... La storia degli uomini è accompagnata dalla forza di rialzarsi. Di rimboccarsi le maniche e ricominciare. Ma questa opportunità deve essere concessa a ciascuno di noi. In maniera uguale a coloro che sono nelle fabbriche, negli ospedali, nelle farmacie, come a tutti gli altri che alla riapertura saranno potenzialmente fragili.
E nelle prossime settimane sarà deciso come farlo. Ogni errore avrà gravi conseguenze. Non avrà la leggerezza dei nostri post su FB o dei nostri pensieri. Azioni sbagliate, frettolose, peggio ancora dettate da pulsioni materiali o, cinicamente, elettorali, metteranno a rischio migliaia di vite. Riflettiamo tutti con molta attenzione perché la somma di tutti questi post, quando diventerà sentimento o convinzione comune, non avrà più la stessa leggerezza di ora.
Mi appello soprattutto a voi amici perché siamo, in qualche modo, un’elite sociale e culturale rispetto, purtroppo, a tante altre fasce della popolazione che in queste ore lottano più di noi in condizioni più difficili. Un’elite forte perchè distante dalla prima linea, in questo momento. Forte perchè economicamente e socialmente salda, in queste ore. Forte perchè strutturata nel pensiero logico. Forte anche perchè dotata di una libertà di movimento minima (rispetto a chi vive in pochi metri quadrati) tale da consentire la costruzione del piano B a distanza. Così forte quindi da poter dare un contributo razionale in un momento di sbandamento collettivo che potrebbe esserci quando il 3 o il 20 Aprile ci diranno di stare ancora a casa (io mi auspico ovviamente che non sia necessario). L’appello è a mantenere lucidità e rigore nella scelta delle priorità.
Io resto fermamente convinto che la montagna più alta è sempre quella di Schindler e che “chi salva una vita salva il mondo intero”.
Armando Di Nardo

#iorestoacasa
#tuttoandràbene ma solo con strategie intelligenti e solidali

link all'articolo dell'immagine di copertina:
https://medium.com/@tomaspueyo/coronavirus-the-hammer-and-the-dance-be9337092b56

Commenti

Post popolari in questo blog

Il Concordato Idrico della Città di Giugliano in Campania

SPAZI APERTI