La luce di Delos sull’ebbrezza di Mykonos





La luce di Delos sull’ebbrezza di Mykonos

Mykonos a maggio è superba senza vento e turisti, soprattutto dopo questo mese piovoso che ha avvalorato anche in Grecia l’antico proverbio che se il quattro aprile piove allora il tempo sarà incerto per i successivi quaranta giorni. L’anticiclone non si è ancora formato e la pioggia ha colorato di verde anche le basse colline sempre aride d’estate e sfinite dall’instancabile Meltemi che le batte da giugno a settembre. In quei mesi, Micono si presenta arsa dal sole come dopo un incendio o come dopo la mitica battaglia fra Zeus e i Titani che fu combattuta qui all’inizio del Tempo.
Il mare questa volta ha macchie cangianti come le nuvole, ma l’aria è sempre mite nella primavera esclusiva delle isole greche e la sabbia e i ciottoli trasmettono già un caldo inebriante a contatto con la pelle. Passeggiare su rive deserte e bagnarsi in acque ferme e trasparenti come il cristallo è un privilegio da consumare con gesti liturgici.
Il bagliore dorato tra il labirinto di vicoli bianchi del porto crea già l’atmosfera caratteristica delle vacanze greche con il tramonto nella piazza dei mulini meno brillante ma più conciliante, come un dipinto piuttosto che un fuoco ardente.
A cena, il giovane italiano vende parole meglio della cernia rossa che ti offre con insistenza e racconta delle spiagge selvagge come l’amore che si consuma di notte, dei tramonti che si confondono con l’alba, del vino e il denaro che scorrono nello stesso sangue e dell’ebbrezza di esistere senza limiti in danze e incontri orgiastici come nell’antichità dionisiaca.

Ma se l’ebbrezza è a Mykonos, la luce è a Delos, l’isola patrimonio dell’umanità a poco più di un miglio marino di distanza. La mitologia narra che qui nacque segretamente Apollo, figlio di Zeus e Loto, e al luogo fu dato il nome δηλοω (deloo) che significa “mostrare" o isola “circonfusa di luce”, e forse per questo non c’è posto sulla Terra più luminoso. Le onde nel piccolo approdo svaniscono come pure le apprensioni dello spirito e, oltre il molo, si apre una vasta area archeologica di un bianco così scintillante quanto irreale, prodotto da una visione onirica e nello stesso tempo ancestrale, come fossi già stato lì o avessi desiderato da sempre di esserci stato.
Delo è una Pompei circondata dall’acqua con resti ovunque di agorà, teatri, palestre, porti, moli, edifici e sculture di marmo pentelico che riverberano sotto il cielo di un azzurro crudele per quanto singolare. Le rovine sono peggio conservate a contatto con i venti dell’Egeo rispetto al prodigio prodotto dalla lava del Vesuvio, ma qui non è la bellezza delle forme (pure straordinarie come il viale dei leoni o i mosaici della casa dei delfini) a catturarti, ma la sensazione che ti pervade dell’equilibrio tra natura e uomo, terra e cielo, acqua e pietre, profondità e superficie che solo la Grecia classica conobbe e riesce ancora a trasmettere in luoghi come questo. Qui fu custodito il tesoro di Atene, accanto ad una colossale statua di Apollo, e la Lega di Delo sancì la pace che poi difese Pericle, Fidia, Euripide, Mirone.
E’ uno dei siti archeologici più importanti, estesi e ben conservati, ma mentre ad Ercolano e Pompei la bellezza finiva nella voluttuosa sensualità, a Machu Picchu il mistero svaniva nella fatica  dell’interminabile salita e, in fondo alle scale verso il cielo di Chichen Itza, gli aztechi non trovavano i loro dei – tutte civiltà meravigliosamente proiettate verso qualcosa che mai riuscirono veramente ad afferrare, qui a Delo è come se tutto invece fosse stato compiuto, il velo di Maya attraversato, la felicità sul mare possibile, l’uomo nudo ma in equilibrio su quell’isola galleggiante.

L’alta pressione è finalmente arrivata, in poche ore tutto è cambiato, i colori, gli odori, il canto degli uccelli e il vento caldo del nord che comincia a soffiare, e allora pensi che anche l’antico proverbio fa parte di un cerchio più grande al quale il Tutto appartiene.
Mykonos e Delos, l’ebbrezza e la luce, Dioniso e Apollo, uno di fronte all’altro.
Mi ritrovo a riflettere sulla “nascita della tragedia” di Nietzsche dopo tanto tempo e a quella impareggiabile armonia tra apollineo e dionisiaco che generò il pensiero artistico e scientifico, il teatro, la letteratura, la filosofia e la democrazia della nostra civiltà e che a Delo, con ineguagliata energia, trovò il suo santuario.
A quel luogo, noi occidentali, dobbiamo molto, eppure, oggi l’isola della luce è archeologia dimenticata mentre Mykonos è il fulgido presente.
Nella mitologia fu Apollo a ricomporre Dioniso ucciso dai Titani come ad indicare che, senza la notte, la luce non avrebbe potuto manifestarsi. Stasera brindiamo affinché, questa volta, sia il dio dell’ebbrezza a ricomporre l’armonia perduta.

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