La venere in posa



"Il turista è quello che pensa al ritorno a casa fin dal momento che arriva, laddove un viaggiatore può anche non tornare affatto". Sono le prima battute che si scambiano Kit, Port e Tunner all'arrivo in Africa seduti sui loro enormi bauli di cuoio nel silenzio del bianco porto di Kabula; così comincia il film di Bernardo Bertolucci ‘Il tè nei deserto‘.

Sono seduto in fondo al pullman e con gli occhi stanchi cerco di raggiungere il mare che ho di fronte; stiamo aspettando i "ritardatari" per la visita di Palermo e la guida, in piedi accanto all'autista, ci sta urlando dal microfono che i turisti italiani sono sempre i meno puntuali, mentre quelli stranieri e in particolare i giapponesi arrivano sempre in anticipo.
E’ la vigilia di Pasqua, siamo diretti alla cappella Palatina. La strada che stiamo percorrendo attraversa la Conca d'oro, una pianura stesa tra due promontori dove si coltivavano le arance più dolci dell'isola: ma di agrumeti non se ne vedono più, interamente devastati dalle villette estive dei palermitani. La guida ci racconta il programma dei prossimi giorni: Erice, Monreale, Segesta, Selinunte e le ville di Bagheria. Tutto in pochi giorni, tutto già organizzato, già previsto.

Arriviamo a Palermo attraversando la zona del porto, i palazzi settecenteschi "sanguinano" da ogni lato, non avevo mai visto gli effetti dei bombardamenti sugli edifici tanto da vicino; a Palermo anche la guerra sembra essere stata il male minore. Ci sono intere file di palazzi abbandonati sulla via che costeggia il mare, macerie dimenticate anche dai giovani che la sera sfilano sul lungomare indifferenti al loro passato e che, forse, sognano come unica alternativa un bombardamento buono per ricominciare tutto daccapo.
Dicono che i soldi per il restauro sono arrivati e già qualcuno pensa di abbattere e di ricostruire: voglio scendere e parlare con quei palermitani che da quarant'anni passano con gli occhi bassi sotto quelle facciate con le finestre sbarrate, voglio chiedere loro perché aspettano che tutto marcisca inesorabilmente. Cosa hanno più da temere dalla mafia che ha già corroso tutto? Una città di cemento è quella che li attende.

Dai finestrini continuano a scorrere immagini che non riesco a fissare. Dai racconti di Eugenia, la nostra guida, viene fuori la Palermo delle guide turistiche, uguale per tutti, e tra tutti i personaggi delle storie che continua velocemente a raccontarci soltanto quello della regina Giovanna riesce a fermarsi nella mia mente e a depositarsi nella memoria. Mi piacerebbe camminare tra quei vicoli dove il sole fa fatica ad entrare e dove i ragazzini si rincorrono senza scarpe, e ancora sedermi sul bordo della fontana della nuda regina ad immaginare la storia di quel sacrilegio, ma la guida continua a riempire impunemente la mia mente di leggende per turisti... privandomi del piacere di immaginare storie, un po’ come quando di un romanzo ne fanno un film...

Arriviamo al Palazzo Reale; alla Cappella si giunge attraversando uno splendido cortile del Seicento. ll nostro gruppo viene superato da una folla di giapponesi che in fila segue il suo Cicerone che con uno strano gesto tiene chiusa la mano davanti alla bocca: è più forte di me. Tutte le volte che un gruppo di turisti giapponesi mi passa accanto mi vien voglia di seguirli per un po’: forse é solo la curiosità per tutta la tecnologia che portano addosso. Però questa volta ho notato un oggetto nero arrampicato sulle loro orecchie, simile a quegli apparecchietti per migliorare l'udito, e non ho proprio potuto fare a meno di seguirli per capire il senso dell'oggetto misterioso.
Sono stato colto alla sprovvista; abituato a vederli muovere tutti compatti dietro la loro guida, questa volta, appena dentro, si sono in un attimo confusi tra la folla di turisti che occupano la Cappella. Ho cominciato a seguirli tra le tessere d'oro dei mosaici che illuminano lo spazio interno dello stesso colore del sole della Sicilia. E dopo un po‘ ho compreso il senso di quello strano oggetto: la loro guida stringe tra le mani una radiotrasmittente con la quale comunica in tempo reale con tutti i suoi connazionali, i quali, con un piccolo auricolare, ascoltano le meraviglie della Cappella Palatina e sono a conoscenza, in ogni momento, della posizione degli altri per non smarrirsi.

Niente più palloncini colorati né ombrelli alzati per raccordare il gruppo, dunque! E mai più odiose litanie multilingue cantate dalle guide di tutto il mondo davanti alle opere dei musei e agli altari delle austere cattedrali.
La guida circondata dal suo gruppo, emblema dei turisti dell'ultima generazione, forse scomparirà. sostituita dall'ultima trovata elettronica del popolo che ha inventato il “viaggio organizzato“. Forse non vedremo più le torme compatte cui siamo oramai abituati di nuovi conquistatori armati di enormi macchine fotografiche ma, credo, l'idea del viaggio organizzato rimarrà ancora la stessa: saranno tutti legati da un'invisibile rete elettromagnetica, dissimulando il gruppo, ma più legati che mai a
seguire il "programma".

ll tour organizzato che riempie oramai le vetrine delle agenzie di tutto il mondo, io credo, tradisce l'essenza profonda di ogni viaggio.
Velocità, puntualità e ottimizzazione dei tempi: le tre regole essenziali da rispettare che, aggiunte alla brevità del soggiorno e alla quantità di cose da vedere, rende impossibile ogni rapporto ‘vero" con il luogo visitato. Basta sfogliare uno dei tanti depliants di viaggio: in dieci giorni al massimo, il turista è sottoposto ad un giro infernale: musei, cattedrali, monumenti, parchi e piazze tutti visitati in poche ore!
A Palermo mi sarebbe piaciuto passeggiare nei mercati del pesce e sentirne gli odori, sedermi al tavolo di un bar e sfogliare le pagina di un giornale locale per immaginare il futuro della città, e mi sarebbe piaciuto restare per ore in una delle famose pasticcerie ad osservare le forme che lo zucchero riusciva a tenere sotto quel caldo asfissiante...
E poi dopo, tutte le opere e i monumenti! Altrimenti la città visitata non ha il tempo di reagire, di sovrapporsi all'immagine simbolica che le agenzie le hanno costruito e i nostri ricordi e giudizi sono irrimediabilmente falsificati e massificati.

"Oggi conosciamo molte più cose, ma ne comprendiamo sempre meno, perché ci manca il tempo della riflessione": il segreto del ritmo è nella pausa e nella ripetizione; la riflessione è un ritorno fondamentale, il viaggiatore ha un suo tempo che il tour organizzato non rispetta in nome dell'economia dei tempi. La velocità diviene alienante se rompe il ritmo. Così il turista per tutta la durata del viaggio resterà straniero facendo svanire la magia dell'incontro...

Al ritorno, durante la traversata in nave, ho ripensato a tutte le volte che davanti alla Venere di Milo al Louvre ho visto decine di turisti giapponesi in posa che scattavano fotografie: forse cercavano di portare a case quante più immagini fosse possibile, lì avrebbero formato i loro ricordi che nel turbinio del viaggio avevano dimenticato...

(da "Uqbar Appunti per il Prossimo Millennio", n. 0, gennaio 1998)

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