Oltre l'onestà


Allo stesso modo delle sinapsi chimiche del nostro cervello, che materializzano sensazioni, idee e avvenimenti della nostra vita, così i vicoli, le mura e i tetti delle città rendono corporea la memoria collettiva della nostra provincia.
Ogni anno di storia può essere ritrovato nelle forme delle antiche corti contadine, nei materiali dei cornicioni dei vecchi palazzi e nei balconi tutti uguali dei nuovi quartieri 167.
Noi siamo tra coloro i quali credono nell'esistenza di relazioni forti tra lo spazio adattato e le vite degli uomini che lo hanno trasformato.
E come in ogni sistema complesso le implicazioni sono reciproche: non solo possiamo leggere la storia di questi ultimi anni attraverso la metafora del cemento, che fluido è possibilità di qualsiasi forma e invece indurito è staticità e scelta, immagine che da sola basterebbe a descrivere quello che poteva essere e invece è stato; ma possiamo anche al contrario pensare all'influenza che piazze, giardini e case migliori  avrebbero prodotto sulle nostre vite, influenza forte quanto quella prodotta da notevoli investimenti  e nuove occasioni di lavoro.
Naturalmente non è nostra intenzione entrare in un discorso difficile sul rapporto tra struttura e sovrastruttura e su quanto prevalga l'una sull'altra e viceversa; diciamo semplicemente che vi sono due aspetti evidenti che spesso la speculazione filosofica dimentica. Il primo, inconfutabile nella sua semplicità, è la differenza di sensazioni che suscitano spazi ben progettati, come quelli degli antichi centri storici, rispetto a quelli di molti quartieri della città nuova. L'altro aspetto, relativo alle opere pubbliche, riguarda la partecipazione che soltanto spazi opportunamente disegnati riescono a favorire.
Crediamo che il valore aggiunto per produrre l'accelerazione di cui hanno  bisogno le nostre province vada cercato nelle coscienze degli uomini e non solo nei sistemi economici.
Molti studiosi del Mezzogiorno considerano l'elezione diretta dei sindaci nel 1992, l'entrata in Europa e in particolare il G7 a Napoli come volani della ripresa economica, avvertendo uno stato d'animo nuovo, una fiducia che pareva oramai definitivamente scomparsa e che invece ha dato nuova linfa anche al sistema produttivo.
L'economia non può subire profondi cambiamenti in pochi anni senza un entusiasmo di fondo, senza quel fervore che nel dopoguerra, ad esempio, fece ricostruire in pochi anni intere nazioni; del resto questa sua dipendenza dagli umori degli uomini la rende una disciplina non realmente scientifica, e dunque sulla quale occorre intervenire non solo sul piano strettamente finanziario.
Una politica nuova per le città del Mezzogiorno è allora anche quella di cominciare a costruire spazi di qualità, tali da avere la forza di accelerare il processo di trasformazione.
Molti amministratori risponderanno di essersi mossi già da tempo in questa direzione ed elencheranno le numerose opere pubbliche di recente realizzazione: nuove strade, piazze moderne, ville comunali , e quant'altro.
Ma il nostro ragionamento è fondato su un punto essenzialmente diverso: la qualità del costruito e non la quantità. Non tutti gli sforzi, che pur si stanno facendo, di riorganizzazione urbanistico - architettonica del patrimonio esistente sono uguali: soltanto luoghi ben progettati e realizzati hanno la forza di incidere positivamente sulle nostre vite, e per far questo occorre un nuovo modo di affidare gli incarichi per le opere pubbliche.
Le amministrazioni non possono pensare ad esse come farebbe un committente privato: affidare incarichi pubblici "ad personam" è un atto di presunzione, perché un politico non può intendersi di tutte le discipline.
Ai sui occhi l'opera progettata potrebbe essere la migliore del mondo e invece tradire tutti i canoni estetici e funzionali. E immaginate poi i danni: una piazza che non riesce ad aggregare, una villa comunale deserta, un incrocio senza visibilità e affollato di auto; queste sono le opere che poi costituiranno la nostra "memoria"…
Sottolineiamo che l'onestà è fuori discussione: che gli amministratori diano incarico ai loro consulenti (anche amici) per i progetti non significa che essi siano collusi, spesso è anche una questione di ingenuità e voglia di trasparenza, per esempio, affidare incarichi ai docenti universitari, eppure tutti sanno ormai quanto le nostre università sono piene di millantatori: precisiamo ancora quindi, il discorso questa volta non è sulla morale, ma sul valore.
Infatti, senza demagogia, uno dei principali motivi che ha generato la fiducia, di cui dicevamo poc'anzi, è proprio dovuto ad Amministrazioni che hanno fatto dell'onestà la propria bandiera, ma questo non basta! Onestà non è sinonimo di qualità, lo è forse di valore morale, ma è un'altra cosa.
Crediamo (pur non riconoscendoci nel filone liberista) che l'unica garanzia per la qualità sia la competizione leale: e quindi nel caso delle opere pubbliche i concorsi per idee. Strumento che ci permetterebbe di superare il libero arbitrio dei nostri amministratori e di evitare la censura che essi comunque operano affidando l'incarico ad un progettista oppure ad un altro.
L'onestà intellettuale dei nostri sindaci non può fare a meno di riconoscere che se si riuscisse a dare il via a questa soluzione, la più democratica in assoluto, il settore delle opere pubbliche ne risulterebbe rivoluzionato; come del resto è accaduto in tutti i paesi Europei: ottenendo qualità e trasparenza.
Nell'antica Grecia proprio l'invenzione del concorso consentì il controllo della democrazia sul valore, senza compiere censure ideologiche. L'agòn, la competizione nella vita pubblica dei greci, svolse "la funzione di mediare i conflitti senza censurarli". Nello sport, nell'arte, nella politica e in ogni altra istituzione "la competizione permette di conservare la domanda degli antichi duelli (chi è il migliore?), dandole però un senso nuovo: chi è il migliore in rapporto alle cose, chi è il migliore per dominare non l'uomo, ma la natura?".
Naturalmente il discorso ha un valore generale, ma in questo caso la natura sono le opere pubbliche con la loro "responsabilità" nel processo di sviluppo in atto e con la loro capacità di rendere migliori le nostre vite.
Naturalmente è sempre una decisione politica alla fine a dover scegliere il progetto "migliore" ma, dopo avere esposto i lavori al pubblico, l'Amministrazione potrebbe conoscere gli umori della città e soprattutto avere la possibilità di scegliere su un ventaglio di soluzioni.
Inoltre i concorsi per idee sono uno splendido sistema educativo: permettono alla città e ai suoi rappresentanti di migliorare il proprio senso estetico, di allenare la propria immaginazione ferma da anni di speculazione edilizia tutta uguale, ma soprattutto permette il dialogo e il confronto pubblico, non più con le consuete discussioni teoriche sui metodi per migliorare la propria città, ma attraverso l'esposizione dei lavori e attraverso una critica puntuale ai possibili scenari previsti dai progettisti.

I concorsi farebbero ritrovare ai cittadini il piacere della discussione, dopo essere stati costretti per anni ad ascoltare soltanto programmi elettorali: la partecipazione alle scelte politiche è la strada giusta per ritrovare fiducia e riempire di nuovo le piazze.

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